Medicina

L’aborto: cenni sulle sue classificazioni

L’aborto può essere definito come l’interruzione spontanea o ingenerata della gestazione prima del 180º giorno, cioè prima del sesto mese concluso, dopo di che il feto è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero. Dal sesto all’ottavo mese, l’emissione del feto è denominata parto prematuro. Statisticamente, dal 7% al 12% delle gravidanze sono interrotte da un aborto spontaneo, ingenerato da svariate cause, che però restano per la maggior parte non note anche dopo l’effettuazione di accurati test. Di conseguenza, le misure preventive che si possono adottare sono piuttosto limitate. L’aborto è catalogabile secondo varie suddivisioni:

Aborto spontaneo

Si chiama aborto spontaneo quando non si sia adoperato nessun mezzo artificiale per cagionarlo. Genericamente si manifesta entro i primi tre mesi di gestazione e spesso in simultaneità con la data attendibile del periodo mestruale.

Aborto completo e incompleto

L’embrione o il feto può essere spinto fuori totalmente con gli annessi ovulari (aborto completo) oppure in diverse parti (aborto incompleto). Nel primo caso non è richiesto alcun trattamento ulteriore. L’emorragia cessa, e se non sopravvengono complicazioni come un’infezione, l’utero si restringe un’altra volta fino alle dimensioni che aveva prima della maternità. Frequentemente, viceversa, gli annessi ovulari (membrana e placenta) rimangono in parte o completamente nell’utero, e in quel momento si ha un’emorragia forte oppure debole, ma persistente. In questo caso è inevitabile intervenire procedendo con lo svuotamento integrale dell’utero. Se l’emorragia dovesse essere cospicua, frequentemente si deve eseguire una trasfusione per compensare la perdita.

Aborto interno

L’aborto interno può essere definito come la situazione che si manifesta quando l’embrione, pur rimanendo all’interno dell’utero, non é più vivo e la sua emissione sopraggiunge solo dopo un determinato lasso di tempo, che può andare da qualche giorno a svariate settimane.

Aborto ricorrente o abituale

Se le prime gravidanze hanno dato luogo ad aborti, o se si manifestano tre aborti consecutivi, si parla di aborto abituale.

Aborto settico

Nel corso della gestazione, il canale cervicale (cioè del collo dell’utero) che mette in comunicazione la vagina con la cavità uterina, contiene un tappo mucoso che rende difficile l’entrata dei batteri. L’aborto, a cominciare dalla perdita di sangue proveniente dall’utero, elimina questa difesa naturale, rendendo possibile la penetrazione dei batteri nella cavità uterina. Soprattutto se non tutti tessuti embrionali o gli annessi ovulari sono stati espulsi, i microbi hanno la probabilità di espandersi prontamente nell’abbondante sangue presente nell’utero provocando ipertermia, e gli altri sintomi dell’aborto settico. Questa è una ben nota conseguenza degli aborti illegali praticati in modo non accurato in condizioni igieniche deficitarie. Gravi complicanze che possono implicare il rischio della vita non sono rare.

Per quel che concerne le tecniche abortive, le uniche davvero sicure, naturalmente se usate da medici esperti e coscienziosi e nelle condizioni igieniche adatte, sono le seguenti:

Raschiamento

Si raschia l’interno dell’utero, dopo aver espanso il collo, con una curetta (strumento chirurgico simile a un cucchiaio dai bordi taglienti).

Aspirazione

Si introduce nell’utero, opportunamente allargato, uno speciale strumento che aspira all’embrione. Le altre tecniche abortive, usate in segreto dove l’aborto è proibito dalla legge, si possono classificare in gruppi, a seconda che ci si serva di mezzi meccanici o di tossici abortivi.

Mezzi meccanici

Vanno dal solito ferro da calza, al distacco della membrana per mezzo di una sonda.

Tossici abortivi

Sono numerosissimi, e tutti comportano il serio rischio di intossicare anche la madre, oltre all’embrione. Possono essere minerali come il mercurio o il piombo ossia vegetali come il chinino e la ruta.

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