Arte e cultura

Maschere Veneziane Medico della Peste le origini

La tradizione delle maschere veneziane risale ancora al tempo del medioevo, il loro uso originario era quello di nascondere l’identità della persona. Un caso a parte è invece la Maschera “Medico della Peste” la quale è stata ideata e realizzata da un medico francese.

La maschera Medico della Peste non nasce come travestimento di carnevale, anche se come tale è anche usato praticamente da quando è nato, e non nasce neppure come maschera della commedia.

Il nome stesso della maschera sta ad indicare che venne ideata nella fase storica in cui comparve la peste in Europa. Lo studio e la progettazione della maschera Medico della Peste fu eseguita da un medico francese “Charles de Lormar” nel 1500 ed era una divisa che i medici erano tenuti a portare durante le pestilenze.

Composta di lunga tunica nera, stivaloni, guanti, cuffia e cappello tutti cerati e impermeabili, è completata dalla tipica maschera bianca dal lungo becco, nel quale son poste erbe e spezie medicamentose che si pensava proteggessero dal contagio, con gli occhi protetti da lenti,e lunga stecca, con cui i medici scostavano bende e lenzuoli dai malati, che mai avrebbero toccato.

Per far rivivere il clima di terrore vissuto negli anni della peste riportiamo un estratto della lettera scritta da Alvise Zen, “medico della peste“, a monsieur d’Audreville qualche anno dopo l’epidemia che decimò la popolazione di Venezia.

“Ah! mio caro amico, nemmeno le guerre e le carestie offrivano uno spettacolo così desolato. La Repubblica approntò subito una serie di provvedimenti per arginare l’epidemia: furono nominati delegati per controllare la pulizia delle case, vietare la vendita di alimenti pericolosi, chiudere i luoghi pubblici, perfino le chiese. I detenuti vennero arruolati come “pizzegamorti” o monatti. Potevamo circolare liberamente solo noi medici. Gli infermieri e i becchini dovevano portare segni distintivi visibili anche da lontano; noi indossavamo una lunga veste chiusa, guanti, stivaloni e ci coprivamo il volto con una maschera dal naso lungo e adunco e occhialoni che ci conferivano un aspetto spaventevole.

Alzavamo le vesti dei malati con un lungo bastone e operavamo i bubboni con bisturi lunghi come pertiche. Uomini e donne malati venivano portati nell’isola del Lazzaretto Vecchio; le persone che erano state a contatto con gli appestati erano invece trasferite in quella del Lazzaretto Nuovo per più di venti giorni a scopo cautelativo. Su una nave era stata issata una forca per giustiziare i trasgressori delle ordinanze igieniche e alimentari. La peste straziava i corpi che erano ricoperti da “fignoli, pustole, smanie” e mandavano un odore fetido. I ricchi morivano come i poveri. Volete sapere quanti Veneziani se ne andarono al Padreterno? Ottantamila, pensate, in diciassette mesi; dodicimila nel novembre del 1630; in un solo giorno, il 9, furono cinquecentonovantacinque.”

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