Scienze

L’erbario: origine, sviluppo e funzione nel nuovo millennio

Secondo l’accezione corrente, per erbario si intende una raccolta di piante essiccate sotto pressione, etichettate e fissate su appositi fogli di carta, compiuta secondo metodi e per scopi scientifici. Non di rado il termine erbario viene utilizzato anche per indicare l’edificio o la struttura, grande o piccola che sia, anche  di una sola stanza, che ospita le collezioni di piante essiccate, o l’Istituzione che ne cura  l’amministrazione.

 

Riprendendo le parole di MOGGI (1988), forse nessuna frase rende meglio l’idea del significato scientifico dell’erbario di quanto non lo faccia l’aforisma di Linneo  esposto al Conservatoire Botanique di Ginevra, che dice: “Herbarium praestat omni icone / Natura viva praestat omni herbario”.

 

Per studiare la flora spontanea e la vegetazione bisogna prima di tutto imparare a riconoscere le piante, se non altro quelle selvatiche, del territorio in cui si opera. Conoscere le piante significa esercitarsi a lungo con campioni freschi e flore provviste di chiavi analitiche, fino a quando questa pratica ci diventerà familiare e ci procurerà soddisfazione. Sarà allora naturale voler conservare il materiale raccolto e studiato, per non sprecarlo e per ricordare qualche particolare dei luoghi e degli ambienti visitati. Ecco come può nascere, semplicemente, un erbario.

 

Un erbario è, quindi, carico di significato per il suo autore il quale potrà assicurare ad esso un futuro, depositandolo presso una struttura idonea. Il livello da raggiungere nell’allestimento delle raccolte private e amatoriali dovrebbe per questo corrispondere sempre a quello dei grandi erbari scientifici.

 

Il significato iniziale di quei campioni d’erbario si è col tempo accresciuto e continuerà ad accrescersi nei decenni futuri. Pensate ad esempio all’importanza che hanno assunto oggi i saggi raccolti e preparati da Linneo e dai botanici dei secoli passati. Non dimentichiamo che alcune delle specie che un tempo facevano parte della nostra flora si ritrovano oggi soltanto negli Erbari, in particolare in quelli custoditi da Istituzioni pubbliche.

 

In origine erano chiamati erbari i libri riguardanti le piante medicinali (erbari manoscritti), spesso corredati da suggestive raffigurazioni. Si hanno notizie certe in merito all’esistenza di simili libri già alcuni secoli prima di Cristo, ma l’opera più significativa fu realizzata nel I sec. d.C. da un medico greco, Pedanio Dioscoride. La sua opera, tradotta in latino con il titolo De Materia Medica, ebbe grande diffusione in Italia durante il Medioevo, grazie alle numerose copie eseguite dai monaci benedettini.

 

È solo sul finire del XV sec. e l’inizio del XVI che compare l’uso di porzioni o di intere piante essiccate; ciò coincise con il diffondersi, a partire dal Cinquecento, del nuovo modo di concepire gli studi botanici basati sempre più sull’osservazione diretta delle piante, pratica questa indispensabile nell’insegnamento della Botanica medica (AMADEI et al, 1993). Va a Luca Ghini (1490-1556), professore dei Semplici medicinali alle Università di Bologna e Pisa, il merito di aver preparato piante essiccate da mostrare agli allievi durante le sue lezioni (GARBARI, 1992).

 

A fianco all’hortus vivus, oggi meglio noto come Orto Botanico, stava nascendo l’hortus siccus, termine utilizzato per indicare le collezioni di piante essiccate (Fig.1.2) fino al Settecento circa, quando cioè J. P. de Tournefort (1656-1708) lo sostituì definitivamente con il termine “herbarium” (RADFORD et al., 1974; GARBARI, 1992).

 

A partire dalla fine del XVI sec., lo sviluppo delle esplorazioni geografiche e la scoperta di nuove terre diedero un notevole impulso alla realizzazione delle collezioni naturalistiche, comprese quelle botaniche. Nel XVII e XVIII sec. Furono istituiti gli Erbari di piante esotiche di Kew e del British Museum di Londra e a Parigi fu fondato uno dei primi Musei di Storia Naturale (MOGGI, 1986). L’erbario, intanto, con Linneo (1707-1778), ma ancor più con A. P. de Candolle (1778-1841), venne sempre più valorizzato come strumento di studio e di indagine scientifica e, all’iniziale spirito collezionistico, prevalse ben presto quello critico. L’interesse per gli studi botanici era così vivo durante gli anni delle esplorazioni oltreoceano, che vennero ultimate molte flore. In Italia Antonio Bertoloni (1775-1869, Fig.1.3) e Filippo Parlatore (1816-1877), con le loro raccolte, contribuirono alla realizzazione delle prime Flore d’Italia, alle quali si aggiunsero, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, quelle di Cesati,  asserini e Gibellini, di Arcangeli, di Fiori, oltre a un gran numero di flore territoriali, fino alle più recenti di ZANGHERI (1976) e di PIGNATTI (1982, Fig.1.4). Dalla fine degli anni ‘50 tali attività furono riprese con vigore e si  registrò la istituzione di nuovi Erbari e l’incremento di quelli già esistenti. Molto si deve, in tal senso, al contributo fornito dal Gruppo di Lavoro per la Floristica sorto nel 1968 in seno alla Società Botanica Italiana (MOGGI, 1988).

 

Al giorno d’oggi, nonostante il grande sviluppo di nuove tecnologie per lo studio della Biologia Vegetale, gli Erbari risultano uno strumento di lavoro insostituibile: attraverso la conservazione degli exsiccata forniscono informazioni di grande utilità sulla biodiversità vegetale, in campo tassonomico e floristico, per gli studi di Anatomia Vegetale, Palinologia, Fitochimica e Corologia (VALDÉS, 1993; MOGGI, 1996).

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