Economia e lavoro

Petrolio, il mercato torna a sentire la paura

Il mercato del petrolio viene interessato da una nuova scossa proveniente dagli USA, dove il livello delle scorte ha fatto segnare l’ennesimo dato in discesa. A questo si sono aggiunti altri due eventi altrettanto importanti. Anzitutto il cambio alla successione reale in Arabia saudita, e poi le dichiarazioni del ministro del petrolio iraniano riguardo alla possibilità che l’OPEC prenda in conisderazione dei tagli più massicci.

Finora il “cartello” non è risucito a protare a frutto i propri impegni. Gli accordi faticosamente raggiunti a novembre e poi confermati poche settimane fa (quando sono stati estesi fino alla primavera del 2018), non hanno affatto risolto il problema dell’eccesso di offerta. Tutto ciò non è stato quindi stato sufficiente a fermare il crollo del greggio. A novembre le quotazioni andarono in rialzo e chi adottò una strategia martingala trading al contrario fece affari d’oro.

La pacchia però è durata poco. Dalla possibile quota di 60 dollari al barile, si è passati a una vision nella quale già conservare 50 dollari è un miraggio. In questi giorni addirittura siamo più vicini ai 40 che non oltre, con l’indicatore RSI trading che segna ipervenduto. La quotazione del greggio infatti è scivolata rapidamente, raggiungendo i minimi di agosto e calando brevemente sotto i 42 dollari al barile.

Anche una soluzione ipotizzata da molti, ovvero che l’Arabia saudita e altri paesi decidessero di esportare meno petrolio agli Stati Uniti, non cambierebbe grnaché le cose. La situazione generale di eccesso di offerta rimarrebbe identica. E nessuno sa come risolvere questo problema.

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