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La caccia, hobby creudele o ancestrale richiamo dell’uomo?

La parola caccia deriva dal latino captiare, ovvero catturare. Il catturare, pendere, fare proprie le cose, è un gesto istintivo che noi tutti possediamo fin da bambini. Tante volte mi è capitato di osservare bambini che nelle piazze rincorrono i piccioni nel tentativo di prenderli; quello, secondo me, è un gesto lampante circa l’istinto del bambino, l’istinto di catturare. Egli non sa il perchè, ma dentro di se sente il bisogno, il desiderio di prendere questo animaletto che però fugge via.

 

Questa descritta è una scena comunissima nel mondo animale (dove a nostro parere regnano incontrastati gli istinti e  poco o nulla rimane della razionalità e dei sentimenti) dove il cucciolo insegue le sue prime prede per vedersele sempre sfuggire sotto il naso; a quel punto interviene la sua mamma che sembra dire al proprio cucciolo “ stai buono lì, ora ti faccio vedere io come si fa…” e con rituali ed antichi gesti, insegna al proprio cucciolo l’ars venandi. Se torniamo indietro da dove siamo partiti, cioè dalla nostra piazza, dove il bimbo ancora non si arrende all’idea di veder sfuggire la sua preda, ad un certo punto interviene la mamma, che nella maggior parte delle volte dirà al proprio figlio “no caro, questo non si fa!”.

 

In questo modo si reprime l’istinto ed il bambino invece di seguire la sua vera natura viene sempre di più sottoposto alle regole della società; una società che il più delle volte vede nella caccia e nella figura del cacciatore un comportamento sbagliato, perlopiù anomalo. Il cacciatore in effetti può essere benissimo visto come una figura anomala nella società moderna dove ormai non c’è più bisogno di andare a caccia per procurasi il cibo, in quanto basta scendere semplicemente nel supermercato del mega centro commerciale sotto casa …

 

Molte persone vedono i cacciatori come fumo negli occhi, come barbari assassini della natura; beh, non che tutti i cacciatori siano degli stinchi di santo, ma piacerebbe pensarli come coloro che dentro di se hanno mantenuto quell’istinto che ci avvicina al mondo della natura, ci fa essere parte integrante di una catena trofica che da tempo non ci appartiene più. La gran parte della società, tanto attenta alla natura, che vede lo spietato cacciatore come un assassino senza scrupoli, dovrebbe forse fare mente locale e pensare alla provenienza della carne che acquista nei supermercati; quest’ultima, infatti proviene perlopiù da grandi allevamenti intensivi dove gli animali sono trattati come oggetti privi di sensibilità, sofferenza e stati emotivi. Animali che nascono (vengono fatti nascere!), crescono e trascorrono tutta la loro vita in recinti se non in gabbie (es. conigli, polli) per poi venir macellati a discrezione dell’uomo, penso che non se la passino meglio di animali nati e vissuti allo stato brado che per loro sfortuna incontrano il piombo di un cacciatore.

 

A parte queste riflessioni che possono essere più o meno soggettive, sarebbe bello pensare alla figura del cacciatore come quella che essendo vicino all’istintività dettata dalla natura stessa, la comprendesse a fondo e si battesse affinché i canoni della società, la stampa e i media non offuscassero del tutto gli occhi delle persone portandoli col tempo ad allontanarsi da un aspetto che contraddistingue la loro natura: l’istinto.

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