Medicina

La Balbuzie

La balbuzie o disfluenza, è un disturbo della parola in cui la fluenza è disturbata da interruzioni involontarie, prolungamenti di suoni, parole o sillabe e da pause o blocchi, in cui il soggetto non è capace di produrre alcun suono. Lo spettro di gravità è piuttosto ampio: in alcuni individui la difficoltà è appena percettibile, mentre in altri la balbuzie provoca sintomatologia molto grave con impedimento della comunicazione verbale. Sono colpiti più frequentemente i maschi, con un rapporto maschi-femmine di 4:1.

La cosiddetta balbuzie evolutiva emerge nella prima infanzia (intorno ai 30 mesi) e prosegue nell’età adulta. Il bambino in genere è inconsapevole dei blocchi e dei prolungamenti verbali e sono assenti i comportamenti secondari come tensione e fuga dalle situazioni; la balbuzie inizialmente è occasionale e la percentuale di recupero è molto alta. Talvolta, la reazione dei genitori può causare la balbuzie cronica, specie se questi raccomandano al bambino di parlare lentamente e ripetere: ciò può accrescere l’ansia nel soggetto e la sua paura di parlare, portando alla comparsa dei comportamenti secondari quali tensione, evitamento, battito delle labbra e degli occhi. Quando il bambino è abbastanza grande da essere cosciente del proprio problema, si identifica come balbuziente e ciò porta a frustrazione, vergogna e imbarazzo.

La balbuzie evolutiva si distingue dalla balbuzie acquisita, che è risultato di traumi fisici o emotivi, tumori, ictus o abuso di droghe; in questa forma non infantile ma quasi esclusivamente adulta, si verificano solitamente ripetizioni di sillabe e suoni e mancano del tutto i comportamenti secondari.

La balbuzie può avere un grave impatto sulla qualità di vita della persona colpita. Mentre molte conseguenze passano inosservate nell’ascoltatore, il soggetto ha timore di pronunciare certe parole o sillabe, soprattutto in pubblico; insorge quindi un isolamento auto-imposto, ansia, vergogna e spesso il soggetto è sottoposto ad un forte stress, per il suo tentativo di riorganizzare il discorso in modo da evitare parole e suoni che non riesce a pronunciare. Soprattutto durante l’infanzia, il balbuziente è soggetto a fenomeni di bullismo che aggravano una situazione già pesante; tuttavia, il problema non risiede nella produzione fisica dei suoni o nella trasformazione del pensiero in parole. Le persone balbuzienti sono perfettamente normali e la loro intelligenza è nella norma.

La causa della balbuzie non sono l’ansia, il nervosismo e la scarsa autostima, come molti credono: ne sono invece l’effetto, in quanto la stigmatizzazione sociale porta ad aggravare le conseguenze di questo problema, riducendo la quantità di ansia necessaria a scatenare la balbuzie. Non si conoscono le cause della malattia, ma si pensa che abbia origini genetiche e neurofisiologiche. E’ stato osservato che soggetti balbuzienti, quando sono soli, parlano correttamente e senza nessun problema di linguaggio: da ciò, l’ipotesi che il disturbo abbia prevalentemente natura relazionale.

Attualmente non esiste una cura per la balbuzie, ma alcuni trattamenti del singolo o terapie di gruppo che sono in grado di migliorare significativamente la qualità della vita della persona. Mentre i farmaci non hanno dato quasi nessun risultato, le terapie per migliorare la fluenza danno risultati eccellenti nei primi anni di vita, insegnando al soggetto a controllare la fonazione, le pause tra le parole, la respirazione e l’articolazione. Esistono inoltre metodi di modifica della balbuzie, che si basano non sull’eliminazione della disfluenza, ma sulla sua modificazione: balbettando più facilmente, infatti, si possono ridurre l’ansia e lo stress, che sono la causa primaria del peggioramento della balbuzie.

Nei bambini in età prescolare la prognosi è molto buona: i tre quarti recuperano pienamente la fluenza entro i primi 2 anni in cui si manifesta il disturbo. Se invece la balbuzie diventa radicata e si manifestano i comportamenti secondari, è molto più difficile il completo recupero: da qui, l’importanza di un trattamento precoce.

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